Racconti

martedì 24 dicembre 2013

Il marmo, la vita

Al Palazzo Reale di Milano è aperta fino al 26 gennaio 2014 la mostra dedicata allo scultore francese Auguste Rodin, dal titolo "Il marmo, la vita".

Il titolo è suggestivo, ma soprattutto rende bene l'idea della passionalità e dell'umanità che le figure marmoree di Rodin riescono a trasmettere: ho visitato la mostra di recente e le sculture esposte mi hanno impressionato per la loro vividezza e la sorprendente modernità.

 
Lunablu



Tra le opere in mostra, molte delle quali provengono dal Museo Rodin di Parigi, è presente anche il famosissimo Bacio, traboccante di emozione e sensualità.

Lunablu

Diverse sculture rappresentano il soggetto che emerge dal blocco di marmo, lasciato in parte volutamente grezzo e "non finito": questa tecnica dà secondo me risultati particolarmente suggestivi, richiamando in qualche modo in maniera visibile il mistero e la parte insondabile di ogni creatura.

Victor Hugo (Musée Rodin - foto di Jérome Manoukian)




Approfitto di questo post per augurare a tutti quelli che passeranno di qua un bellissimo Natale, ricco di gioia e di calore autentico: che le luci più vivaci non siano sull'albero, ma dentro il cuore;-)

Lunablu



martedì 19 novembre 2013

Suggestioni dal Palazzo Enciclopedico: i Giardini

Molto interessanti le opere dei writers del collettivo venezuelano, nel primo padiglione in cui sono entrata ai Giardini.


Per la Russia, invece, Vadim Zakharov reinterpreta in mito di Danae con sguardo contemporaneo: piovono monete dorate sul piano sottostante, dove solo le donne hanno accesso a prendersi la pioggia d'oro, opportunamente protette da ombrelli trasparenti per evitare danni...e qui mi sono chiesta: perchè solo le donne? Perchè la Danae del mito era una donna? O forse si insinua che sono le donne ad essere più degli altri affascinate dall'oro?;-)




La coda per entrare a piedi scalzi nel padiglione della Corea e l'impossibilità di scattarvi foto sono valsi comunque la pena: l'esperienza di essere chiusi per un minuto con un piccolo gruppo di persone in una stanza buia, imbottita e assolutamente silenziosa è … illuminante, a dispetto del buio! E' una sorta di presa di contatto con l'interiorità, in assenza di ogni stimolo esterno. Detto così sembra inquietante, in realtà ne sono uscita con un gran sorriso!


Il padiglione del Canada, Music for Silence, è per me l'installazione più suggestiva dei Giardini: nella sala buia risaltano le luminose piccole sculture di Shary Boyle, piccole creature che portano un mondo sulle proprie spalle, alcune volteggiando su silenziosi giradischi.





La Gran Bretagna propone l'intervento di Jeremy Deller, “English Magic”, tra attualità politica e culturale ed ironia.

In particolare ho apprezzato le gigantografie sui muri, soprattutto quella che rappresenta, sullo sfondo dello skyline di San Marco, la versione colossale di un designer e socialista di epoca vittoriana, William Morris, intento a gettare nel mare lo yacht di Roman Abramovic, che, ormeggiato vicino al molo dei Giardini, impediva tutta la visuale e limitava il transito di abitanti e turisti. 





E devo ammettere che è stato piacevolissimo, dopo tanto girare tra i padiglioni, vedersi offrire un autentico english tea da gustare su tavoloni di legno della terrazza: grazie Gran Bretagna!


Molto particolare la struttura composta da antichi sgabelli a tre gambe, realizzata dall'artista cinese Ai Wei Wei per il padiglione della Germania.




 
La Finlandia propone un giardino artificiale di piante vere, illuminato da astri nel piacevole dialogo tra natura, universo ed arte pensato da Terike Haapoja .



Nel Padiglione centrale, infine, ho ritrovato le tele di LynnetteYiadom-Boakye, già vista a PalazzoContarini-Polignac per il Future Generation Art Prize (di cui è stata la vincitrice): quelle esposte qui ai Giardini erano secondo me ancora più belle!




E' tempo anche questa volta di avviarsi verso l'uscita: domenica la Biennale 2013 chiude...ma, pur nel carattere eterogeneo del Palazzo Enciclopedico, lascia dietro di sè una vivace scia di stimoli e meditazioni.



lunedì 4 novembre 2013

Suggestioni dal Palazzo Enciclopedico: l'Arsenale

C'è talmente tanta carne al fuoco nell'esposizione della Biennale 2013 all'Arsenale che mi risulta davvero difficile tentare una sintesi organica: mi limito allora ad una carrellata delle opere che più hanno colpito la mia immaginazione, perchè le ho trovate particolarmente suggestive ed emozionanti.


L’inquietante e un po’ angosciante “Belinda” di Roberto Cuoghi


La suggestiva “Maritime Spring” dell'americano Daniel Hesidence



 
Le sculture in bronzo e ferro di Matthew Monahan, modernissime e antichissime al contempo



Le eleganti, coloratissime tele del senegalese Papa Ibra Tall



La stanza affollata delle statue di Pawel Althamer ("Venetians"), dalle sembianze di autentici veneziani e dal corpo scheletrico coperto da bende, forse l’istallazione che più mi ha colpito per il pathos di questa folla senza tempo di anime in pena





Le figure femminili di John DeAndrea ("Ariel II") e di Duane Hanson ("Bus Stop Lady"), così realistiche da risultare inquietanti: non riuscivo a distogliere lo sguardo, e come me, ho notato, molte altre persone.




La videoistallazione interattiva di Studio Azzurro, In Principio (e poi) per la Santa Sede: il visitatore sceglie uno dei personaggi sullo schermo con la mano trattenendolo così a raccontare la sua storia.


Le originali sculture fatte di libri del padiglione sudafricano


I colori ed i profumi intensissimi del “Campo de Color” della boliviana Sonia Falcone, che avvolgono e catturano davvero i sensi


L'ipnotica performance musicale, eseguita dai musicisti su una barca nel bacino dell’Arsenale, di Ragnar Kjartansson


 Come sempre la Biennale è per me un viaggio un po' spiazzante nell'arte contemporanea e, questa volta ancora più del solito, nella mia personale percezione del mondo. 
Intrigante!




lunedì 16 settembre 2013

Innamorarsi di una copertina

Come scegliere il prossimo libro da leggere?
I metodi sono i più vari: chi stila una lista in base alle recensioni lette in giro, chi si fa consigliare da amici o parenti di fiducia, chi si fa prendere da un autore amato e legge in rapida successione tutti i suoi libri, chi acquista solo i best sellers del momento, chi si dedica solo al giallo o solo al romanzo storico (o solo ai romanzi d'amore, perchè no?), chi si aggira per ore in biblioteca o in libreria alla ricerca dell'ispirazione leggiucchiando le quarte di copertina...

 
Io personalmente seguo un po' tutti i sistemi, a seconda dell'estro del momento, salvo l'acquisto dei soli best sellers in edizione cartonata perchè finirei sul lastrico in men che non si dica, visti i prezzi!

Quindi non è infrequente vedermi arrivare in libreria con una lista dei libri selezionati dalle recensioni, soprattutto da quelle di utenti aNobiiani che so avere gusti simili ai miei.
Ancora più spesso mi faccio affascinare dal titolo, poi leggo la quarta di copertina e l'incipit e se mi attira...via alla cassa!
Ultimamente mi è capitato più volte il vero e proprio “colpo di fulmine con la copertina”, a dire il vero con esiti altalenanti di soddisfazione finale.
Ebbene sì, anche con i libri l'amore a prima vista è sempre un rischio...che a volte vale la pena correre:-)

L'anno scorso ho avuto un “periodo parigino”, nel senso che, non avendo l'occasione di tornare di persona in questa città meravigliosa, mi sono data alla lettura di romanzi ambientati a Parigi.

Così quando il mio sguardo si è posato su questa bella e malinconica copertina



scoprendo poi una sintesi in quarta che annuncia un giallo-noir originale, con qualche richiamo allo stile della mia adorata Fred Vargas, ho pensato che fosse proprio il libro che faceva per me.

Onestamente, dato il titolo, forse potevo accorgermi subito di aver peccato un po' troppo di ottimismo.
Non perchè il libro sia brutto o scritto male, anzi, ma per il fatto che non ha quasi nulla dell'ironia della Vargas ed è invece permeato da una lunga scia di sofferenza che alla lunga mi ha tolto il fiato per l'intensità. Non c'è un personaggio in questo libro che si salvi da quest'aura oscura di angoscia e di autolesionismo, ed il guaio è che ad alcuni di questi personaggi mi sono comunque affezionata, uno su tutti l'anziano custode del parco con il suo cane. Gli avvenimenti si accavallano in maniera troppo caotica, è vero, ma quello che mi ha reso difficile arrivare alla fine del libro è stato questo ritrovarmi avvolta in un clima di disperazione senza uscita e senza consolazione, ogni volta che riaprivo le pagine del libro.
Insomma è un noir nel senso più autentico ed esistenziale del termine, e questo è stato per me il suo pregio e il suo difetto.

 
Più o meno nello stesso periodo, sempre alla ricerca di ambientazioni parigine e bisognosa di atmosfere piuttosto spensierate, tra gli scaffali della libreria individuo quest'incantevole foto di copertina



Scopro che si tratta di una storia d'amore che nasce da un libro: potevo a quel punto lasciarla lì?
Si è rivelato un romanzo molto piacevole soprattutto nella parte iniziale, in cui la protagonista, giovane proprietaria di un accogliente ristorantino nella parte più antica di Parigi, appena piantata dal fidanzato per un'altra, scopre per caso un romanzo che parla di lei e del suo ristorante! Così si mette alla ricerca dell'autore, che non è però così facile da incontrare.
Il resto del romanzo non brilla per originalità ma è una romantica lettura scacciapensieri, con una marcia in più data da un'ambientazione parigina incantevole e ben descritta.
Meglio comunque non aspettarsi di scoprire quali siano questi ingredienti segreti dell'amore, perchè si rimarrebbe delusi, visto che il titolo originale del romanzo è, giustamente, “Il sorriso delle donne”, ovvero il titolo del libro che dà inizio alla storia. A volte una traduzione più fedele non sarebbe male!


Di recente, invece, mi sono fatta conquistare da quella che secondo me meriterebbe il titolo di “copertina dell'anno” per quanto è semplice e accattivante al tempo stesso:



Questo libro mi ha catapultata con tutte le scarpe nel bel mezzo dei preparativi del matrimonio di una giovane coppia a Polignano a mare, nel Salento e nel conseguente sclero collettivo di sposi, parenti e amici. Questo matrimonio ha però una caratteristica insolita: la madre della sposa ed il padre dello sposo sono stati fidanzati in gioventù, finchè lui l'ha lasciata, spinto dalla famiglia, a causa di uno scandalo che aveva coinvolto la famiglia di lei.
Tra fotografo, wedding planner, fratelli e sorelle degli sposi e, naturalmente, consuoceri che fanno scintille a vario titolo e un dispettoso maestrale sono stata piacevolmente coinvolta in queste nozze ricche di colpi di scena, che alla fine onestamente mi hanno fatto pensare che sia meglio sposarsi con genitori e testimoni in una chiesetta sperduta! In realtà il racconto è piacevole, vivace e realistico, però è popolato da personaggi mi hanno fatto seriamente innervosire, sempre così preoccupati delle apparenze...ma mi ha fatto venire anche una voglia matta di vacanze pugliesi:-)


Devo dire che la vera chicca dei miei colpi di fulmine con le copertine è stata una raccolta di racconti, raro caso di libro nato dopo – e non prima – del film del medesimo autore (“Lezioni di felicità”):



Uno dei miei libri preferiti degli ultimi anni! Si tratta di otto racconti a volte dolci, a volte amari, che, volendo generalizzare, parlano del nostro sguardo sul mondo, della felicità, e del modo in cui la cerchiamo, dimenticandoci un po' troppo spesso di guardare dentro di noi oppure alle cose ed alle persone che abbiamo esattamente sotto il naso:-)
Il racconto che dà il titolo alla raccolta parla di una signora semplice, dalla vita piuttosto complicata, che trova gioia e rifugio nei romanzi di un autore dalla vita diversissima dalla sua, che finirà per conoscere … con esiti imprevedibili!

 
Ed ora ci sono ricascata con la prossima lettura: d'altra parte, un gatto e Venezia, come potevo tirarmi indietro?;-)


venerdì 16 agosto 2013

Il Palazzo (Enciclopedico) di Everything



Se vi trovate in giro per il sestiere di Castello, accaldati e stanchi sotto il sole, com'è successo qualche settimana fa a me ed alle mie fide compagne di scorribande biennalistiche, vi apparirà come un miraggio all'ombra di viale Garibaldi la Serra dei Giardini, bella struttura di fine Ottocento in ferro e vetro ospitata in un gradevole giardino.

E' un luogo romantico, quasi da fiaba, dove si ha l'impressione che fantasia e spontaneità siano di casa.


La Serra ospita, oltre ad una fioreria che ne richiama la destinazione originaria, una deliziosa caffetteria dotata di tavolini all'aperto e, fino al 18 agosto, un evento collaterale alla Biennale, il Palazzo di Everything.



Si tratta di un'istallazione del Museum of Everything, originale museo itinerante dedicato ad artisti “non accademici, non conosciuti, non intenzionali e non classificabili” di tutto il mondo.

A Venezia espone le opere di Carlo Zinelli, artista veneto autodidatta vissuto in un ospedale psichiatrico dopo i gravi traumi derivanti dall'aver combattuto nella guerra civile spagnola, che lo lasciò incapace di comunicare. Proprio l'atelier artistico dell'ospedale è stato la cornice delle creazioni di questo artista.



Sia l'allestimento del Palazzo di Everything, sia le opere esposte di Zinelli mi hanno colpito molto per la loro freschezza e grande espressività, ma quello che mi ha davvero impressionato è come questi quadri dell'artista, coloratissimi del vivace ricordo di un'infanzia giocosa e campagnola, siano invasi a tratti da armi e da "esplosioni" che richiamano orrori di guerra in mezzo alla spensieratezza. Questo contrasto, quest'angoscia persistente sembra erompere dalle tele e travolgere lo spettatore con il suo segno primordiale e visionario, immediato e privo di filtri.

Ci sono opere, come queste secondo me, che fanno capire in maniera evidente perchè si dice che l'arte è vita.
E trovo molto interessante in questo senso l'inserimento del Palazzo di Everything e di questo artista autodidatta nel contesto del Palazzo Enciclopedico: un po' a ricordare che l'arte e la conoscenza sono anche (a volte, soprattutto?) fuori dalle accademie e dai percorsi codificati.


http://www.musevery.it/
 







lunedì 22 luglio 2013

Giovani artisti a palazzo Contarini-Polignac

Complice qualche giorno di vacanza, ho iniziato con grande curiosità la perlustrazione degli eventi collaterali della Biennale 2013. Ho trovato molto intrigante l'esposizione delle opere dei giovani artisti partecipanti al Future Generation Art Prize, premio istituito dalla Fondazione ucraina Victor Pinchuk e riservato a giovani artisti sotto i 35 anni.

Già la location, comunque, basterebbe da sola per consigliare una visita anche ai non appassionati di arte contemporanea: si tratta di palazzo Contarini-Polignac, splendida dimora affacciata sul Canal Grande tra l'Accademia  e la Peggy Guggenheim.





L'inserimento di alcune installazioni all'interno degli spazi del palazzo mi è sembrato particolarmente appropriato e significativo, come Architecture Lessons del libanese Rayyane Tabe, che mi ha accolto nel portico d'ingresso a pianterreno






O come le foto ed i filmati di Our Short Century dell'americana Emily Roysdon, collocati nella splendida camera da letto


O, ancora, il bosco contemporaneo creato da Abigail DeVille nel salone del primo piano


 
Mi sono resa conto che si rafforza sempre di più la mia preferenza per le opere che implicano un qualche tipo di interazione con lo spettatore, che viene in qualche modo "inglobato" nell'installazione, sia pure per pochi minuti: è stata una bella esperienza accomodarsi nell'antico salotto in stile veneziano e sentire mormorare sommessamente gli arredi nel Theatre of speaking object di Eva Kotatkova



Nel bel soppalco di legno sovrastante, dopo che mi sono sistemata su una sedia davanti a lei, una giovane performer ha recitato per me un monologo nell'istallazione della libanese Marwa Arsanios, creando una bellissima situazione di intima suggestione.

E poi mi sono seduta su un bel divano rosso, gustandomi la vista di un meraviglioso armadio in stile veneziano, e lì sono stata sorpresa da voci sussurrate che, in una lingua inventata ma dal suono molto evocativo, mi hanno circondata e disorientata, nell'opera Les Captives di Meris Angioletti



Insomma, un incrocio di insolite esperienze e di affascinante bellezza: consiglio a chiunque una visita per lasciarsi ammaliare dalle opere e dal palazzo.

venerdì 31 maggio 2013

Biennale 2013 al via!

Ogni volta che inizia la Biennale la prima cosa che mi viene in mente è che sono volati via altri 2 anni!
…sì, lo so: è un chiarissimo sintomo della paura di invecchiare;-)
Per fortuna però l’entusiasmo e la curiosità hanno ancora la meglio!
E non vedo l’ora di vederla, questa Biennale 2013 “Il Palazzo Enciclopedico”: domani apre ufficialmente al pubblico, dopo quattro giorni di vernice per stampa ed addetti ai lavori che hanno seminato sul web pareri, come sempre, contrastanti.
Già per il titolo mi sono dovuta documentare, da brava appassionata – ma non altrettanto esperta – di arte contemporanea: Massimiliano Gioni, nuovo direttore, si è ispirato al progetto di Marino Auriti di un enorme museo di 136 piani, destinato ad accogliere tutto il sapere dell’umanità, il cui brevetto fu depositato nel 1955 ma non divenne mai realtà. La sua suggestione, però, è evidentemente giunta fino a noi a stimolare gli artisti contemporanei.

Oltre a Giardini ed Arsenale, mi diletterò come sempre a gironzolare per Venezia alla caccia di eventi collaterali e partecipazioni nazionali che, tra l’altro, hanno anche il pregio di aprire palazzi e chiostri veneziani altrimenti chiusi al pubblico. E’ una splendida occasione per scoprire, oltre a vecchi e nuovi artisti di tutto il mondo, anche scorci nascosti e sorprendenti di questa magica città.
 Durante la Biennale del 2009 Fare Mondi – Making Worlds, ad esempio, gli artisti islandesi creavano in diretta le loro opere, sotto lo sguardo dei visitatori, a Palazzo Michiel Dal Brusà, di fronte al mercato di Rialto.


E le opere neozelandesi avevano trovato casa a Palazzo Magilli Valmarana, poco prima di Campo SS. Apostoli.


Per la Biennale del 2011, ILLUMInazioni, la Nuova Zelanda ha invece traslocato a Palazzo Loredan dell’Ambasciatore, dove l’artista Michael Parekowhai ha collocato i suoi pianoforti “interpretati”, uno dei quali veniva suonato in occasione di brevi, deliziosi concerti.



Artisti russi e armeni, invece, esponevano a Palazzo Zenobio, aprendone tra l’altro lo splendido giardino.


Gli artisti cinesi di Future Pass, invece, mi hanno permesso di scoprire l’abbazia di San Gregorio, gioiellino che, nonostante le mie numerose scorribande dalle parti della Salute, non ero mai riuscita a trovare aperta.




E un altro evento collaterale mi ha svelato il chiostro della Madonna dell’Orto.


Occhio alla Biennale, quindi, se amate Venezia: non è solo arte contemporanea, ma anche occasione unica per rivelare angoli segreti e nascosti di questa meravigliosa città!