Racconti

venerdì 31 maggio 2013

Biennale 2013 al via!

Ogni volta che inizia la Biennale la prima cosa che mi viene in mente è che sono volati via altri 2 anni!
…sì, lo so: è un chiarissimo sintomo della paura di invecchiare;-)
Per fortuna però l’entusiasmo e la curiosità hanno ancora la meglio!
E non vedo l’ora di vederla, questa Biennale 2013 “Il Palazzo Enciclopedico”: domani apre ufficialmente al pubblico, dopo quattro giorni di vernice per stampa ed addetti ai lavori che hanno seminato sul web pareri, come sempre, contrastanti.
Già per il titolo mi sono dovuta documentare, da brava appassionata – ma non altrettanto esperta – di arte contemporanea: Massimiliano Gioni, nuovo direttore, si è ispirato al progetto di Marino Auriti di un enorme museo di 136 piani, destinato ad accogliere tutto il sapere dell’umanità, il cui brevetto fu depositato nel 1955 ma non divenne mai realtà. La sua suggestione, però, è evidentemente giunta fino a noi a stimolare gli artisti contemporanei.

Oltre a Giardini ed Arsenale, mi diletterò come sempre a gironzolare per Venezia alla caccia di eventi collaterali e partecipazioni nazionali che, tra l’altro, hanno anche il pregio di aprire palazzi e chiostri veneziani altrimenti chiusi al pubblico. E’ una splendida occasione per scoprire, oltre a vecchi e nuovi artisti di tutto il mondo, anche scorci nascosti e sorprendenti di questa magica città.
 Durante la Biennale del 2009 Fare Mondi – Making Worlds, ad esempio, gli artisti islandesi creavano in diretta le loro opere, sotto lo sguardo dei visitatori, a Palazzo Michiel Dal Brusà, di fronte al mercato di Rialto.


E le opere neozelandesi avevano trovato casa a Palazzo Magilli Valmarana, poco prima di Campo SS. Apostoli.


Per la Biennale del 2011, ILLUMInazioni, la Nuova Zelanda ha invece traslocato a Palazzo Loredan dell’Ambasciatore, dove l’artista Michael Parekowhai ha collocato i suoi pianoforti “interpretati”, uno dei quali veniva suonato in occasione di brevi, deliziosi concerti.



Artisti russi e armeni, invece, esponevano a Palazzo Zenobio, aprendone tra l’altro lo splendido giardino.


Gli artisti cinesi di Future Pass, invece, mi hanno permesso di scoprire l’abbazia di San Gregorio, gioiellino che, nonostante le mie numerose scorribande dalle parti della Salute, non ero mai riuscita a trovare aperta.




E un altro evento collaterale mi ha svelato il chiostro della Madonna dell’Orto.


Occhio alla Biennale, quindi, se amate Venezia: non è solo arte contemporanea, ma anche occasione unica per rivelare angoli segreti e nascosti di questa meravigliosa città!

lunedì 20 maggio 2013

Cosa non si fa per un libro?!

La settimana scorsa è uscito il nuovo libro di Dan Brown, “Inferno”, preceduto dall'attesa dei fans di tutto il mondo, con tanto di conto alla rovescia sul sito.
Ferruccio Gianola sul suo blog chiedeva: e voi, farete la fila per questo libro?

Io ho risposto sinceramente di no, anche se non escludo assolutamente di leggerlo in futuro, visto che l'ambientazione fiorentina m'intriga molto!
Ma il post di Ferruccio mi ha fatto tornare alla mente il ricordo bellissimo dell'unica volta che l'ho fatta davvero, la coda per l'uscita di un libro: Harry Potter and the Deathly Hallows.



Correva l'anno 2007, era la mezzanotte del 21 luglio: una serata caldissima, umida ed appiccicosa tipica della mia cara palude padana, un centinaio abbondante di persone davanti alla vecchia Feltrinelli International di via San Francesco a Padova, due povere cassiere col cappello da strega ed i capelli incollati al viso, un piccolo intrattenimento a tema “magico” ed un'attesa spasmodica condita di allegria che ti faceva attaccare bottoni clamorosi con i vicini di coda vaneggiando su come si sarebbe conclusa la storia: Harry morirà? Piton è buono o cattivo? E via di questo passo!
Così sono uscita dalla libreria all'una e mezza di notte, col tanto desiderato libro nella fantastica borsina arancione dedicata all'evento, che conservo ancora oggi:-)



Quindi no, non ho fatto la coda per “Inferno” di Dan Brown, ma chi l'ha fatta gode di tutta la mia simpatia;-)

Quella notte di sei anni fa è stata per me un incantevole rito potteriano collettivo: nulla mi vietava di comprare il libro la mattina successiva, ovviamente, ma non mi sarei persa per nulla al mondo la possibilità di assaporarmi fino in fondo il momento conclusivo della saga che per anni mi ha permesso di scappare in un altro mondo ogni volta che volevo. Quel momento non si sarebbe ripetuto mai più, ed io volevo essere lì, insieme ad altre persone che conoscevano il significato di parole come “babbano” e “Avada kedavra”...e non perdermi il gusto di sentirmi dire, il giorno dopo: “la fila per un libro? In piena notte? Ma sei pazza?”.

Bè, un po' pazzerella lo sono sempre stata, ma la saga di Harry Potter mi ha regalato molto: mi ha immersa intensamente in un mondo di magia, ma mi ha fatto guardare con occhi diversi anche la vita reale e, grazie a Internet, conoscere persone lontane, per luogo o per età, con cui ho trovato affinità apparentemente impensabili.



Quella sera, poi, la coda per "Harry Potter and the Deathly hallows" l'ho fatta in compagnia di Sara, una ragazza che di libri che ti cambiano la vita se ne intende: è una traduttrice che si è innamorata di un libro francese inedito in Italia, ma non trovando alcuna casa editrice italiana interessata...ha ben pensato di fondarne una, la Camelopardus, e tradurre e pubblicare il libro, “Lo Zebra” di Alexandre Jardin!



E non si è certo fermata lì: per la gioia di tutti i potteristi sfegatati che, come me, hanno letto l'ultimo libro in lingua originale pur di sapere subito come andava a finire – ed il mio inglese non è affatto eccelso, anzi...- tra gli altri ha pubblicato una tesi di laurea sulle sfide della traduzione della saga di Harry Potter, divenuta un delizioso saggio: "Lucchetti babbani e medaglioni magici", di Ilaria Katerinov. 
E' molto interessante capire cosa la guida la traduzione in italiano di parole inventate di sana pianta nella lingua originale (basti pensare al babbano "muggle" ed alla sottile ma fondamentale distinzione in Harry Potter tra "muggle-born" ed "half-blood") e, nel caso specifico, anche dei nomi propri "parlanti", che raccontano il carattere o le caratteristiche dei personaggi.