Racconti

martedì 4 luglio 2017

Arte in Strada Nuova

Come sempre, l'inaugurazione della Biennale Arti visive ha portato con sè un fiorire di mostre ed eventi collaterali che semina arte contemporanea in tutte le zone di Venezia.

Così una semplice passeggiata lungo la Strada Nuova si trasforma in un'autentica scorpacciata d'arte! 

A Palazzo Flangini, nei pressi di Campo San Geremia, fino al 10 luglio è allestita la mostra End of Utopia, promossa dalla galleria d'arte Studio la Città che ha invitato due artisti americani, Jacob Hashimoto ed Emil Lukas, a dialogare, tramite le loro opere, con questo bel palazzo settecentesco. 

Jacob Hashimoto ci accoglie al piano terra con la sua installazione site specific che fluttua sulle nostre teste con i suoi piccoli aquiloni bianchi e neri di carta e bambù, sospesi dal soffitto, che ad un esame più ravvicinato rivelano piccole stelle che scompaiono e riappaiono a seconda del punto di vista.


Al primo piano, Emil Lukas crea tre gruppi di opere, separati ma interconnessi: Lens, Puddles, Threads (Lenti, Pozzanghere e Fili).



In fondo al salone del piano nobile, una sorta di lente gigantesca composta da tubi di alluminio saldati uno di fianco all'altro accoglie il visitatore, incastonata nell'architettura del palazzo, e sembra cambiare forma a seconda del punto di osservazione. 

Le lenti appese alle pareti delle stanze laterali, oscure e cangianti, risultano evocative di una profondità e di un altrove, giocando di rimando con le finestre, gli arredi ed i caminetti d'epoca del magnifico palazzo che le ospita.





Proseguendo lungo la Strada Nuova, si incontra Palazzo Mora con le sue esposizioni: il padiglione di Kiribati ma soprattutto la mostra PERSONAL STRUCTURES - open borders, organizzata da GAA Foundation per European Cultural Centre.

Si tratta un'esposizione molto ricca ed eteronegenea, dove non mancano gli spunti interessanti e suggestivi: mi ha particolarmente colpito l'esplosione di forme e colori all'arrivo al piano nobile, in particolare l'opera di Peter Riss, The Carousel, e i luccicanti mostricciatoli di Tsai Wei-Cheng.



Sarà perchè ho un debole per le borse, ma mi sono innamorata dell'opera di Beatriz Gerenstein, The objects of Desire: queste borse-gioiello stilizzate e ridotte a pura struttura, quasi fossero antenate primitive delle hand-bag di culto diventate oggi veri e propri status symbol, mi hanno fatto sorridere oltre che pensare a quanto effimera sia l'importanza che diamo agli oggetti di moda, ma anche quanto in qualche modo ciascuno li usi come espressione della propria personalità.



Alcune stanze dell'esposizione, poi, mi sono sembrate particolarmente riuscite sotto il profilo dell'accostamento delle opere di diversi artisti tra loro e con l'ambiente che le ospita: così l'opera di Josef Baier, Logarithmic spiral, incorniciata tra quelle di Paul Critchley e di Laina Hadengue (Rauric 12Après moi la déluge


Mi hanno poi colpito molto per la gioia ed il senso di libertà che mi hanno trasmesso le ragazzine-skateboarders di Jessica Fulford-Dobson, in Skate girls of Kabul.




Affascinante anche il candeliere in resina sovrastato da una figura umana dormiente di Caroline Kampfraath, intitolato The trees weep upon us, We’ll be Fossils by Then.


Un'altra stanza che mette in connessione in modo interessante due opere è quella che ospita Miroslav Trubač, con Judas, e Robert Szittay, con l'opera Alter Ego: due modi diversi ma secondo me assonanti di rappresentare il viaggio e la caducità dell'essere umano.

Infine è un interessante esperienza quella proposta da Yoko Ono, in Mirror Image: una stanza foderata di specchi di diversa foggia al cui centro il visitatore può sedersi alla scrivania per lasciare nero su bianco la sua idea di come pensa di apparire.



 Proseguendo, alla Chiesa della Maddalena è di scena l’artista americano Slater B. Bradley con un corpus di dipinti astratti che oscillano tra pittura e fotografia, intitolati “Solar Shields”. 
Quello che più mi ha colpito però è la scultura site specific al centro della chiesa, ispirata direttamente dall’architettura circolare della cupola della Maddalena, intitolata Crystal labirinth: è realizzata con cristalli di quarzo rosa che formano un labirinto del diametro di 7 metri, il cui centro è allineato direttamente sotto l’oculo della chiesa, a richiamare un percorso spirituale di grande effetto visivo...che infatti molti visitatori non esitavano a percorrere fisicamente!





Poco distante, il padiglione del Guatemala, a Palazzo Albrizzi-Capello, espone La Marge, ovvero il margine, evocando il punto di contatto dell'arte con la natura, ma anche con il soprannaturale.

MI sono piaciute particolarmente le opere "naturalistiche" di Giancarlo Flati, del collettivo El círculo mágico, Io albero dei margini e Dal Silenzio delle foglie.


E mi hanno emozionata anche le eteree figure in bianco che interpretano le stagioni della vita nella videoinstallazione L'anima in fiore di Andrea Prandi.

www.arte.it

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